(25 agosto 2005)

Nel paese degli uomini volanti nessuno sa decollare ma tutti sterzano da maestri. Ero lì che sgranocchiavo una copia qualunque della settimana enigmastica quando venni colto alle spalle dal desiderio di trovare otto differenze tra Ermete Realacci e Rosi Bindi. Ne trovatti zero, persi la mia preziosa grammatica per i verbi e venni colto da sensi di polpa. La succosa realtà in cui veleggiavo doveva essere il risultato della cena pesante, a base di incudini, della serata prima. Per una serata prima, o una prima serata, era di rigore l’abito da sera. Ne avevo fatto confezionare uno azzurro, a tunica, con tante stelle e un cappello con degli asteroidi. Se non è un abito da sera questo, avevo urlato ammiccante al mio sarto olimpionico, noto ai più come il sarto con l’asta, che per riparare le asole prendeva rincorse impressionanti. Poi, messo alle strette, avevo realizzato: stavo dormendo il sonno del giusto. Il giusto stava dormendo il sonno del falso. E il falso, pur russando come un alpaca, si dichiarava sveglio, ella peppa com’era sveglio. Ma tanto che je fregava. Era falso. Diceva quello che je pareva. E faceva proseliti, così, senza vergognarsi. Seguivano a ruota il falso in bilancio (ora si poteva gettare nel vuoto due volte Brunetta senza conseguenze), il falso ideologico (ora si poteva gettare nel vuoto due volte Brunetta senza starci tanto lì a pensare) e il falso testimone (ora ci si poteva lanciare Brunetta, staffettando, tutte le volte che si voleva!). La prima immagine che mi si parò di fronte fu quella di Mastella che vidi avanzare verso di me ingrandendosi, moltiplicandosi ed assumendo atteggiamenti effemminati. Evidente la sua trasformazione in Mastelloni. Avevo paura, avevo sonno, avevo fame. Ordinai un terrificante letto di insalata e cercai di riassumere tutte e tre le mie esigenze primarie, individuabili come tali per il camice e lo stetoscopio. Ci fu un’attesa, in sala ristorante. Ora ero imbarcato su un pescheruccio da crociera. C’erano dei problemi in cucina. Il cuoco di bordo, naturalmente, non volle essere messo in mezzo e come lui il cavallo a lato che cambiando fregio in maniera radicale per tutti divenne terribilmente un uniporno. Panico tra i presenti, ignoranza tra gli assenti. Venni servito in tempi record. Il cameriere schiacciò il cronometro e alzò le braccia in segno di vittoria. Sorpresa tra gli astanti che si proiettarono nel vuoto cercando di recuperare ciascuno la sua pietanza. Indignazione in Vittoria, la proprietaria, un tempo, di quelle braccia. Nella foga egocentrica del mio trighego venni in possesso di alcuni conti esteri di dubbia provenienza che vennero reclamati da un tale che tanto, tanto assomigliava a Previti che gridò “quei conti esteri, di dubbia provenienza, sono mii, sono miiii!”. Date a Cesare quel che è di Cesare, furono le urla dei più. Più che un proverbio un principio di rapina. Se state fermi non vi sarà fatto alcun male. E come faccio, chiese timido l’uomo shaker !! Breve conciliabolo e scelta di fargli alcun male. Venne il rappresentante col catalogo per far scegliere il tipo di male. Ma non vollei assistere. Cercavo sempre la mia grammatica e volevo lavarmi le mani. Nel bagno trovai il convitato Di Pietro che, lamentandosi col personale chiedeva “ma qua nze magna?” sorprendendo la soubrette di turno, proprietaria di quel popò di personale. Alle undici meno qualcosa di un giorno qualunque (meno qualcosa) mi svegliai di soprassalto facendo bu e spaventando l’immersionista consapevole., il mio subosconscio e decidendo là per là che da quel momento in poi avrei dormito solo in presenza del mio avvocato. Se i sogni son desideri poi non è che qualcuno me sente e minaccia querela. Minaccia se qui. Se lì, tinaccia. Aspettiamo dopo il noi così vinaccia e tutti se la spassan allegrotti e ridancioni. Che tempi, che costumi rilassati. Affettuosi salumi!

da www.marcotravaglio.it