(4 settembre 2005)

La corsa a ostacoli s’era rivelata più difficile da guidare della panda a staffetta. Quattro per mille, aveva urlato Lapo Elkan cogliendomi alle spalle, nelle zona della smutande, e aumentando le ruote matrici, quelle da cui derivavano tutte le altre. Era stato proprio in chillu mumente là che avevo preso la decisione che prendono tutti gli orsi che immatricolano nuovi veicoli: basta, le targo!..e m’ero addormito addosso a Lapo Elkan. Se avessi potuto giocare le mie carte avrei buttato l’asso pisco. Ruttelli, digestivo, fu la prima icona che mi apparve passeggiando mano nella mano con Fioroni, della Margherita. Ma come? Fioroni della Margherita? E se era della Lega? Tito Stagno! E per il centro? Chieda, chieda..non lo vede che ho da fare? Publio Fiori, scontroso più dell’Ape Maya, un’Ape Incaz, aveva continuato a pettinarsi per altri centoquindici giorni nell’invidia del nano che nei paraggi s’era fatto un trapianto con i suoi capelli D’Angelo e adesso girava tutta Napoli con la chitarra, un caschetto d‘oro e un bersaglio per gli allenamenti. A quale disciplina intende iscriversi, caro nano? Al tir’assegno. Io compilo, corrompo, e non inquino. Il mio è denaro riciclato! Seguivano, nell’ordine: equilibrismo su tacchi, equilibrismo su tacchini, equilibrismo su Tacconi. Vibranti le proteste della protezioni ani / mali (associazione gay ma molto pessimista) cui il nano faceva seguito raccontando di quella volta che al G8 aveva dato una pacca sul culo in D6 prendendo la cognata di George Dabliù che aveva fatto il diavolo A4 senza successo perché la corazzata era in B9. La notizia era stata data dalle giornalisti magrissime del DG1 che però erano mancate proprio dopo aver letto le previsioni del tempo. Previsioni del Tempo: domani il Tempo come sempre di destra. Il Giorno e la Nazione chi se ne fre’. E il Resto del Carlino anche stavolta al ristorante cinese all’angolo che col resto di un carlino te tira fori un involtone primavera luminoso, direi quasi che abbaia! Ma direi chi, era stata la domanda che aveva invaso Clemente Gei ar DG1? Direi ciars era sembrato troppo scontato anche per lui, l’inventore del panino per la gita fuoriportapporta. Lui, il direttore che aveva dato tutto se stesso in quella farcitura di notizie composta da pane e companatiche, se era vero che Clemente Gei dava di sé la parte migliore. Lui, che sapendo che il capo nano aveva la zeppa sotto i piedi aveva deciso di mettersene una in bocca. Alcuni presenti avevano raccontato lo storico incontro tra Buttiglione e Clemente Gei, descrivendo abbracci e cordialità ma fermandosi là perché purtroppo non s’era capito un tubo in un delirio di esse sibilate, spifferate, quasi sottaciute. Che dovrei dire io?, aveva urlato Sgarbi sfogliando il catalogo delle parolacce e fondando, tutto truccato, il partito della bellezza. Poi, prevaricatore, quello della bullezza. Quindi, destrorso, quello della ballezza. E solo alla fine, decisivo, quello della bollezza. Ma come bollezza? Bollezza, bollezza, aveva ribadito il critico ad arte finendo una vecchia a colpi di balcone e disponendo uno sull’altro Gaspare, Melchiorre e Baldassarre e poi ancora Baldassarre, Melchiorre e Gaspare e poi ancora Melchiorre, Gaspare e Baldassarre per poi quindi incendiare l’insieme e sottolineare una volta di più il suo odio per i Magi strati. Il leader Fattroppo, stanco, debilitato decise di chiamarsi Fassino..fa sino a quando se sente..e ormai sfinito della alterne vicende sentì candidare Sgarbi per la sinistra, perdendo i sensi, soprattutto quello della misura. Sgarbi, il trionfo. O meglio, non trionfo, ma tronfio. E neanche Sgarbi ma qualcuno che nei suoi panni celebrava qualcosa. La festa del papà a Giuliano Urbani da parte di un’Ida di Benedetto, delle famose Idi di marzo? Oppure Pupo e il suo toupet o Tupo e il suo poupet? Si decise per qualcuno a casaccio e un suo coupè e ci si dileguò dandosi alla macchia. Mi svegliai, terrorizzoto con la o. Lapo Elkan era ancora qui. Lo capii dal berretto, la magliettina nera e il manuale delle giovani marmitte. Che ora era, ora? Are, ere, ire, lacca va a dormire, seguii l’ultimo consiglio di Publio Fiori, finalmente pettinatissimo, e mi allontanai. Nulla, da adesso in poi, sarebbe stato più uguale a se stesso. Nulla, naturalmente, escluso tutto quanto. Affettuosi salumi.

da www.marcotravaglio.it