(15 ottobre 2005)

Anche in quella puntata il maresciallo Nocca aveva compromesso l’irruzione, bussando. Chi è?, aveva urlando la Pandolfi, uscendo, coi guanti de gomma, dal distretto di pulizia. Niente, scocciatori !, le aveva spiegato Scarpati riprendendo a chiarire ai suoi cari che lui grosso modo era un dottore, ma niente de che, non esageriamo, uno specialistino. E davanti al modico in famiglia m’ero reso conto di essere in un sogno. Ma quando m’ero addormenteto, perché non mi avevano sveglieto? Fuori dal sogno avrei litigheto. Ero troppo suscettibile, avevo la coda di puglia: odiavo metterci tanto nel capire le cose. Ma non è mai troppo tardi, m’aveva rincuorato il maestro Manzi, sorridendomi, ingigantendosi e diventando Manzoni. Pettinate le basette, m’aveva dato un libro. Era arrivato il momento dei compiti: dovevo correggere Il Milione di Marco Polo in euro. La zona era cambiata e m’ero ritrovato in una convenscion scritta male. Anche il libro era cambiato. Autore: Marco Polo delle Libertà. Titolo: Il Milione di costi di lavoro. Un’epica saga di coccoccò costretti, per paradosso, a sbarcare il lunario svegliandosi all’alba e cantando al sole. Praticamente galli. Galli disoccupati. Galli bisognosi di diventare massoni per trovare un lavoro. Galli della loggia, quindi. Ah, ah, disimpegno e armonia. No, no, guardi. Niente galli della loggia, qui. Siamo alle primarie dell’unione, non vede che piazza è? Piazza del Pipolo, avevo risposto felice, cercando anche piazza del Castellano e correggendo poi in piazza del Popolo perché se i sogni son desideri volevo essere preciso, anche nelle grammatiche. Era vero, c’erano tutti. C’era Scalfarotto, con il nome nella scheda: Oscarotto Luigiotto. Più in là c’era Ciampotto: Carlotto Azegliotto. Tra gli spalti, eliminato, Cossigotto, che non s’era messo d’accordo sul prezzo e aveva rilanciato troppo. Il famoso sardo con l’asta. Ma ecco che dal nulla (in tutti i sensi) era arrivato, volteggiando, Scilvio. Con la gorgiera e il parruccone boccolato. La palandrana e le scarpone con la fibbia e il controtacco da circo. Ohhhhh!! Re Sòle, aveva esclamato il pubblico romano riconoscendolo..insistendo sulla o aperta e indicandolo. Sì, ma non con l’indice. Re Sòle, diteci voi, parlate. Scilvio s’era mosso verso la platea facendosi largo. Scapagnini gliel’aveva detto, di mettersi a dieta. Ma lui no. S’era fatto largo. O popolo di Roma, nuntio vobis che il candidato della Cassa delle libertà son scempre io: bancomat. Troverete le schede col mio nome in tutti i seggi. Le distribuisce Sandro Bondi, vestito da odalisca. Quelle con gli altri nomi dovrete cercarle addosso a Ferrara. Chi le troverà col scimbolo comuniscta, non si stupisca: cercando su Ferrara se trova de tutto! Poi c’era stata un’esplosione. Erano partite le minorette (le majorette adatte all’altezza di Scilvio) e si era fatta festa allegramente. Tutta la gente s’era messa in cammino. Suonando, il pufferaio magico, aveva condotto Scilvio a Palazzo Chigi, nell’insofferenza di Berluscòn che urlando”e adesso basta di prendermi per il culo perché sono basso”aveva tirato fuori piccozza e ramponi per superare un gradino. E il primo gradino era superato. Ora rimanevano tutti gli altri. In parlamento infatti era passata la salavapreviti beghelli. Ora, qualunque avvocato anziano dalla esse sibilante, in presenza dei carabinieri avrebbe premuto un tasto al collo e le Forze dell’ordine, oplà, sarebbero diventate Forse dell‘ordine, ipotesi di militari che, senza più identità, avrebbero cercato fortuna all’estero come barzellettiere. Ma era tardi, cacchio, era tardi. Bisognava occuparsi della legge elettorale. Il conto alla rovescia era partito: maggioritario, giugnoritario, luglioritario. Stop! Un altro colpo di genio e Scilvio, alzando la mano, aveva ostentato un foglio con scritto “proporzionale”, correggendo poi il tiro con l’aggiunta di un accento sulla terza “o”. “Proporziònale”. Tutte le risultanze elettorali sarebbero state rapportate a lui, e mi conscenta. Sennò che me so’fatto elegge a fa’? Bisognava votare, bisognava fare presto. Ormai era deciso: il voto era secreto e chi era contrario secerneva sangue dalle tempie. Maestro, aveva chiesto Follini, chi ti tradirà? Chiti..Vannino? No chi ti..staccato! Ah, un parente. Guarda, Follini. Non lo scio. Non lo scio. Ma è tardi, non c’è più tempo, non c’è più tempo. E saltando come il bianconiglio..Scilvio s’era messo a strillare, scuotendomi in un soprassalto. Spavento, terrore e raccapriccio. M’ero svegliato a casa mia, stravolto e frastornato. Adesso capivo perché m’ero addormentato: per soddisfazione. In tv Anna La Rosa presentava Alice. E io l’avevo sempre detto: quella per me è ‘na pescivendola. Ma chissà se l’incubo era finito davvero.

da www.aprileonline.info