A dire il vero, dopo tanto tempo, volevo aggiornare il blog con un filmato doppiato. A dire il falso, no, volevo farlo proprio con questo che segue. Il fatto è che nel 2006 scopro David Letterman, lo scopro per bene e divento un integralista nel settore, come qualcuno che frequenta queste parti da un po’ magari si ricorda. Divento un integralista e sbalordisco davanti alle copie che vedo fioccarmi sotto gli occhi ovunque, in Italia. Copie cretine perché l’originale ha senso, la copia no. Tanto da non creare il tipo. E così prima vedo Ezio Greggio concludere i suoi monologhi comici (Greggio e i monologhi comici! Già siamo al paradosso) prendendo da Letterman addirittura le movenze. Movenze del tutto personali e innaturali come la mano che fa per entrare in tasca a significare “arriva diretta al fegato, questa cosa” e che il succitato prende e fa sua come fosse niente. Poi scopro Daniele Fabbri in arte Daniele Luttazzi. Nome che mutua da Lelio Luttazzi, data la risaputa fatica colossale che si fa nel trovarsi pseudonimi autonomamente. E vabbè. Dicevo, scopro Daniele Luttazzi in tutto quello che fa Letterman. O meglio, il contrario. Ecco dove avevo già visto tutto: da Luttazzi. Mosse, gesti, scenografia, atteggiamenti. Rimango a bocca aperta. Sembro un obliteratore. Se non fosse il comico più famoso del mondo, penserei che Letterman sia l’autore segreto e di lusso di Luttazzi. La L in comune nel cognome ce l’hanno. Ah no, perché la L, si diceva, è di Lelio che tutti conoscono ma che per chi non avesse a fuoco nel suo ruolo, ricordo essere un eccezionale pianista jazz e non, oggi ottantasettenne, e essere stato uno dei presentatori italiani più importanti degli anni ’60. Questa settimana degli amici mi girano il video che segue. L’avevate già visto? Io no e l’ho trovato sbalorditivo. Rimango affascinato dalla spudoratezza quasi infantile che origina il massimo tributo al plagio di cui si abbia notizia fino ad oggi. Finora l’apice dello sbalordimento l’avevo raggiunto vedendo Big Red e il Gabibbo. Una sentenza dice che non c’è plagio da parte di Ricci? Ok. Ora ne serve una che impedisca di vedere che la mascotte è del 1979 e è uguale al Gabibbo. Ma forse arriverà. Il totem maximo, invece, alla copia c’è già e ce lo offre Daniele Fabbri. Va celebrata la meticolosità con cui ha trascritto interi monologhi di comici molto più bravi e anziani di lui. Comici americani, poi. Trascrizione dall’inglese, quindi. Va celebrata. E per l’ennesima volta va certificato che il re è nudo. Salvo, a volte, farsi venire il dubbio che poi non era neanche tanto re. Buona visione.

RobCor

Tutto quello che vedete nel video è tratto da questo sito che è in collegamento diretto con la pagina facebook “Luttazzi copia”. Il lavoro che hanno fatto questi ragazzi è da celebrare e encomiare.


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